
Ho scelto Campobasso e il Campobasso perché, come dicono tutti i miei colleghi una volta sulla soglia di contrada Selva Piana, è una grande piazza. No, mica è una frase fatta! Lo penso davvero, anche se le ultime vicende del club farebbero pensare il contrario.
Sono contento di poter lavorare per un presidente come Ferruccio Capone. Sì, perché lui è uno che ci tiene al calcio. È vero, ogni tanto dà l’impressione di essere un po’ come dottor Jekyll e Mr. Hyde: dice che molla tutto e poi non molla; oppure sceglie alcuni giocatori e obbliga l’allenatore ad adattarsi a loro. Un po’ come De Laurentiis al Napoli per intenderci. Non dovrebbe andare così, ma in fondo sono solo dettagli. Lui, il buon Ferruccio, ci mette i soldi. E poi è arrivato in Molise non per interessi personali, ma per riportare in alto chi era sprofondato nell’anonimato del dilettantismo. A ben guardare, è una specie di missionario.
Che poi, detto in confidenza, a noi giocatori non professionisti questi campionati vanno bene. Abbiamo il nostro stipendiuccio e spesso troviamo anche il modo di arrotondare. I rischi non mancano. A volte, infatti, i soldi arrivano tardi. Allora capita che, casualmente, squadre come Agnone, Luco Canistro, Val di Sangro e vattela a pesca (mica blasonate come noi!) ci rifilino una serie di pappine che ci costringono ad alzare bandiera bianca già alla quarta giornata.
Altre volte, invece, gli stipendi ce li congelano proprio. Sarà l’avvicinarsi dell’inverno, che qui dicono essere particolarmente rigido, ma io ho già qualche brivido. Per non soffrirlo troppo m’infilerò una sull’altra le divise della squadra. Io ci tengo al rossoblù, e anche il buon Ferruccio ci tiene alla maglia. Ci tiene così tanto che agli abbonati ne aveva promessa in regalo una ufficiale, con tanto di logo (il lupo è tutto per voi, vero?) e di sponsor. Peccato che poi quei tifosi si siano trovati a dover sborsare dai 20 ai 30 euro per poter appiccicare sulla “maglia in omaggio” i simboli della squadra. Sciocchezze.
Del resto il pubblico di questa città è abituato a situazioni strane. Avete avuto come presidente l’avvocato di Saddam Hussein…
Non ditelo al mio nuovo presidente, ma se io fossi un tifoso del Campobasso un po’ sarei arrabbiato. Lasciamo stare gli innumerevoli fallimenti seguiti agli anni della B, sono strapassati, e pensiamo per un attimo solo alle stagioni rossoblù di Ferruccio. Lui è sfortunato, non ha vinto neppure con un bomber come Majella. Però squadra e allenatori li ha scelti lui. Lui con Capone Jr., s’intende. Qualche errore, insomma, lo avrà commesso.
Voi molisani mi piacete perché ci tenete tanto al prodotto locale. E non mi riferisco solo al cibo. Chissà perché, però, nelle vostre squadre i giocatori del posto sono come un ago in un pagliaio. E Campobasso, pur con l’alibi di disputare un torneo nazionale, non è un’eccezione.
Io sono campano ad esempio, e di colleghi delle mie parti in Molise ne ho trovati tanti. Giocatori impegnati soprattutto nei tornei regionali. Lo dico contro il mio interesse, ma per crescere non sarebbe utile promuovere meglio i vostri ragazzi? Magari fissando, limitandolo, il numero dei calciatori provenienti da fuori nell'undici titolare. In fin dei conti se una squadra deve vincere l’Eccellenza o la Promozione, meglio che lo faccia con i ragazzi nati qui. Autarchia, provocazione? Chiamatela come volete purché la vostra Figc si svegli dal lungo letargo. I settori giovanili giocano un ruolo determinate.
E stesso discorso vale per le figure dirigenziali. Beninteso, purché non si chiamino Giovanni Santone. I molisani devono specializzarsi anche in questo contesto. Si creerebbero nuove opportunità, no? Idem, infine, per gli allenatori. Sarebbe bello poter vedere sulla panchina dello stadio “Romagnoli-Scorrano” un vostro tecnico. Magari uno nato ad una manciata di chilometri dal capoluogo, tipo a Santa Croce di Magliano. Uno tosto, di poche parole, giovane ma che di gavetta ne ha fatta un bel po’. Uno attualmente a spasso. Vi viene in mente qualcuno?
Non me ne voglia Paolucci, attuale mister nella bufera, ma solo così i tifosi avrebbero, col tempo, le giuste soddisfazioni. Parlo e penso alla curva del Campobasso. Un vero esempio, e qui non c’è ironia, di cosa sia la fede per i colori della propria città. Un esempio di coerenza che anche la moltitudine dei media locali dovrebbe seguire. Tv, giornali e internet prendano posizione una volta per tutte: pro o contro? Spingere o contestare? Lo facciano alla luce del sole e senza doppi fini. Oppure si limitino a fare i giornalisti, limitandosi al commento e alla critica quando necessario. Sarebbe una bella occasione di crescita anche per loro, soprattutto per le nuove leve offuscate dai vecchi soloni dei calci d’angolo.
Ora vado, mi tocca il primo allenamento. Sono emozionato, un po’ preoccupato ma anche certo che la stagione, con un pizzico di fortuna può migliorare. Senza illudersi, per carità, e senza inutili promesse.
Mi chiamo Pinco Pallino e da oggi gioco nel Nuovo Campobasso Calcio. Una piccola piazza, ma può tornare grande.
Alfredo ALBERICO
www.sky.it/sport
alfredo.alberico@email.it
N.B.
L'idea di questo pezzo nasce da una riflessione sul calcio campobassano, la mia terra. A volte basta un "Pinco Pallino" qualunque per cambiare le cose.
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